giovedì 28 agosto 2008

Chacotrek: dalla val di Fassa all'Alpe di Siusi

(val)

24 agosto - dopo un piovoso sabato d'attesa finalmente domenica il tempo è splendido. Partiamo da Bolzano ed arriviamo in Val di Fassa: da Pera prendiamo la navetta x il rifugio Gardeccia (1950slm), 5 euro. E' domenica, è agosto, siamo nelle Dolomiti più conosciute e celebrate, di conseguenza lo stradone che sale ai rifugi Vajolet e Preuss (2243slm) è una specie di processione, ma il paesaggio è talmente incantevole che si supera il fastidio. Nella notte sui monti ha nevicato, l'aria è limpidissima. (nella foto il Catinaccio di Antermoia)


Arrivati ai due rifugi abbandoniamo il sentiero principale e saliamo nella gola del Gartl, a sinistra, lungo il ripido sentiero 542a, che ci porterà alla splendida e famosissima conca del Gartl sotto le Torri di Vajolet.

Classificata "per esperti" la salita su roccette è agevolata da una serie di cavetti metallici fino a poco prima del rifugio Re Alberto I, credo utili soprattutto per la grande quantità di gente che frequenta questi luoghi. Camminare sulla roccia bianca è abbagliante e bellissimo, ma questo fa parte del mio "mal di Dolomia".

Dal Re Alberto (2621slm) un facile sentiero porta al piccolo rifugio Santner (2741slm) sotto la parete ovest del Catinaccio. Il rifugio è stato rinnovato da poco e il legno esterno è ancora chiaro, non ancora lavorato dalle intemperie. Ha solo 8 posti letto e avremmo dormito volentieri qui, ma ovviamente chiamando ieri non abbiamo trovato posto, per cui ci faremo solo la sosta pranzo. Nei pressi del rifugio c'è un punto panoramicissimo, a picco sui prati sottostanti, che riesce sempre ad emozionarmi: mi ci sdraio perchè starci in piedi è impressionante per l'attrazione del vuoto.

Scattiamo un po' di foto a Latemar, Corno Nero e Corno Bianco, Bolzano, Sciliar e in lontananza ai gruppi dell'Adamello e dell'Ortles-Cevedale. Poi è ora di scendere, per la stessa via di salita, fino ai rifugi Vajolet e Preuss.
Riprendiamo il comodo sentiero sud-nord, 584, che porta al passo Principe (2600slm) e al rifugio omonimo, dove abbiamo trovato posto per la notte. A quest'ora del pomeriggio la gente scende e il magico paesaggio resta solo nostro, dei pochi che stanno su a dormire.

L'ultima volta che sono passata da qui, nel 2005, il piccolo rifugio era in vendita. Ora l'ha preso una guida alpina, Sergio, che l'ha completamente ricostruito (300 viaggi di elicottero...) e lo gestisce insieme al figlio Daniele. Sergio si siede un po' a tavola con noi, ci racconta, si chiacchiera bene come succede nei piccoli rifugi, chiede se io e Franza siamo sorelle (è il secondo oggi), poi gioca col cane Chaco che ci conquista con la sua intelligenza e la sua devozione. Battezzeremo il nostro trekking "chacotrek" in suo onore.  Intanto teniamo d'occhio l'evolversi del tramonto: è sera da enrosadira e al momento opportuno si esce a far foto. Infine grappa bianca "corretta" con un solo cucchiaino preso da un barattolo in cui stanno in infusione radici di genziana: per me è inavvicinabile, veleno puro da quanto è amara. Gli altri la apprezzano tantissimo.

25 agosto - Edo ci abbandona, restiamo noi due "sorelle" spatuzze (quanti ce lo chiederanno ancora? meglio dire subito di sì?). Siamo dirette al rifugio Bolzano e abbiamo due opzioni per arrivarci: una scende tantissimo, passa dal rifugio Bergamo (uno di quelli antichi, costruito ancora nell'800), tocca quota 1900 e poi risale dal "buco dell'orso" fino al sentiero che va dal Tires verso l'altopiano dello Sciliar; l'altra scende solo fino a circa 2330, fa un pezzo in quota e poi risale su un ripidissimo ghiaione verso il passo del Molignon (2600slm), scende al rifugio Alpe di Tires e da lì prosegue come la prima. Io sarei più per la prima opzione, più varia anche se più lunga e con maggior dislivello, però le previsioni danno probabili temporali nel pomeriggio perciò prudenza vuole che si faccia la più diretta.  E così si parte in discesa sul sentiero 554, ancora nell'ombra della montagna, mentre ovviamente la salita tremendissima la faremo sotto il sole a picco. Niente di difficile ma il ghiaione vuol dire un passo in su e mezzo passo in giù e quando finalmente vediamo il cartello della forcella ci sembra un miraggio.
Dall'alto, dopo un breve percorso in quota, vediamo il tetto rosso del rifugio Alpe di Tires (2440slm) sotto i Denti di Terrarossa, dove arriviamo poco dopo. Piccola pausa pranzo e poi ripartiamo verso ovest, sul sentiero 4, dirette all'altopiano dello Sciliar, il monte delle streghe, il nostro monte.

La terra qui è rossa, i prati sono verdissimi nonostante la stagione avanzata, il paesaggio si fa sempre più irlandese, con mucche e cavalli al pascolo, i campanacci che suonano e lassù il grande rifugio che sembra un castello. Il sentiero è comodo, scende, sale, riscende, risale, molto dolcemente mentre le nuvole ci girano intorno, senza mai scoprire, purtroppo, il fantastico profilo delle Dolomiti.


Arriviamo prestissimo al rifugio Bolzano (2450slm), del CAI, costruito nel 1885, molto grande, abbastanza affollato. Si mangia all'alba delle 18: ci sembra di far merenda... col minestrone. Aspettiamo fino al tramonto che la nuvola si alzi, ma la sua pancia grigia disegna fino all'ultimo una riga netta e ci preclude la vista delle cime.

26 agosto - la mattina è una meraviglia di limpidezza ma ormai conosciamo la solfa: bisogna approfittare delle prime ore perchè poi si rannuvola tutto, così subito dopo la colazione saliamo al monte Pez (2563slm), il punto più alto dello Sciliar, a circa 20 minuti dal rifugio, e restiamo un po' a goderci il panorama a 360 gradi mentre le nuvole arrivano.

 
E infine si torna giù, verso l'alpe di Siusi, facendo prima il "sentiero dei turisti" 1, poi il 5, poi il 10 fino a Compaccio, passando da malga Saltner a rifocillarci e poi perdendoci in 1000 foto tra i prati verdissimi e ondulati e le baitine da cartolina dell'Alpe.

L'arrivo nella "civiltà" è traumatizzante dopo questa immersione nella bellezza: alberghi, impianti, negozi, folla, non oso pensare cosa sia in inverno se già ora è così... abbiamo voglia di rifuggire subito tra i monti. Da Compaccio invece prendiamo la nuova telecabina, costruita in teoria per poter chiudere al traffico la strada (ma solo dalle 9 alle 17 e con deroghe per i residenti negli hotel), che ci porta fino a Siusi dove Edo ci viene a prendere. E anche il chacotrek è finito.

 

Le foto sono qui: http://www.milaklee.altervista.org/08agosto-chacotrek%20in%20dolomiti/

mercoledì 13 agosto 2008

Vioz e Cevedale

(val)

Il progetto è al limite dell'incoscienza, ma sono con 2 forti e sono disposta a provare, anche perchè l'ho proposto io...
7 agosto, giovedì - si parte da Verbania sul tardi: abbiamo appuntamento al piazzale della funivia di Pejo con Roby, che viene da Trieste. Alle 23 ci riuniamo, si cerca un posto per accamparci, noi col doblò, Roby con una di quelle tendine che si lanciano in aria e si montano, comode solo se si trasportano in macchina. Durante la notte pioggia violentissima, tuoni e fulmini.
8 agosto, venerdì - alla mattina il tempo è molto incerto e promette temporali come già sappiamo dalle previsioni. La meta è il rifugio Mantova al Vioz e domani, col tempo bello (sempre da quello che dicono le previsioni) l'intenzione è di fare la traversata fino alla Casati, passando dal Cevedale.
Prendiamo la funivia per il Doss dei Cembri, solo andata 9 euro, poi comincia la salita sui sentieri 138 e poi 105, prima nel verde ma ben presto sui sassi. Sono circa 1200 metri e abbiamo gli zaini pesanti per il materiale (corda, piccozza, ramponi, imbrago ecc) più il necessario per la notte in rifugio. Il passo è lento, ogni tanto ci fermiamo, i miei 2 compagni sono meno ambientati alla quota (si deve arrivare a 3535).

  Intorno a noi i temporali incalzano, tuona ma per fortuna nn si vedono fulmini, sembra girarci attorno ma non prendiamo una goccia. In compenso appena mettiamo piede nel rifugio si scatena l'inferno: bufera di neve, ghiaccio e vento.
Il rifugio è nuovo e bellissimo, ci danno la stanza "san matteo", 7 letti, grandi vetrate sulla tormenta e sulla neve che si accumula.

9 agosto, sabato - alle 5.30 di mattina, dopo una notte di vento e mancanza di sonno (loro per il mal di testa, io per l'ansia della traversata), siamo pronti per la colazione, ma la situazione fuori è pessima: è tutto bianco e il vetrato comincia dai gradini del rifugio... Le nuvole nascondono perfino la cima 100 metri sopra di noi, il freddo lascia poche speranze sullo scioglimento immediato del ghiaccio. Aspettiamo ancora un po' ma il cielo non si libera e fare la traversata nella nebbia non ci aggrada, così verso le 8 ci mettiamo i ramponi per scendere!!!   
Più tardi incontriamo almeno 200 persone che stanno salendo al Vioz, del resto le previsioni danno bello... Se qualcuno è salito sabato 9 agosto al Vioz e ha visto una bionda incazzata nera che scendeva ero io.

Almeno la discesa in funivia è gratis: hanno fretta di andare in pausa e non ci fanno nemmeno il biglietto.
Si rifanno i piani, cambiamo versante, saliremo al Cevedale dalla parte di Santa Caterina Valfurva: la sera siamo nel parcheggio dell'Albergo dei Forni col nostro solito accampamento e una cena di prosciutto e melone. E' così limpido e sereno che riusciamo a vedere qualche stella cadente.

 
10 agosto, domenica - alla mattina quando esco dal furgone ci sono 2 marmotte enormi a 2 metri da me, tranquille e beate. Il tempo è finalmente splendido. Ci aspettano 1100 metri di salita. Percorriamo tutta la val di Cedec, bellissima, verde, circondata da ghiacciai: davanti a noi si staglia la piramide del Gran Zebrù, dietro abbiamo il ghiacciaio dei Forni, sulla destra le cime del Palon de la Mare e del Cevedale.


Incontriamo altre marmotte, alcuni falchetti, io vedo con grande emozione anche un ermellino. Zampetta senza paura, inizialmente mi viene incontro poi saltella via veloce, petto bianco, resto del corpo marroncino, taglia da scoiattolo, non me lo immaginavo così piccolo. Resto così basita che purtroppo non riesco a fotografarlo. 
Arriviamo ad una fonte e ci riforniamo d'acqua. Poi passiamo davanti al rifugio Pizzini (2700 m) ma senza fermarci. Mangiamo poco oltre, sotto la ripida salita di 500 metri che ci separa dalla Casati (3269 m). Fino a questo punto arrivano anche delle jeep navetta che partono dall'Albergo dei Forni, ma per fortuna questa mattina ne sono passate pochissime. Non ho pensato di chiedere la tariffa.


L'ultima salita è breve (circa un'ora) ma molto intensa... Infine arriviamo sul piazzale del rifugio Casati, il paesaggio è completamente diverso dalla verde vallata da cui veniamo e dagli ultimi 500 metri di sassi: davanti a noi ora c'è un grande ghiacciaio che scende dolcemente sulla sinistra, verso Solda, e sale sempre dolcemente a destra, verso il Cevedale. Di fronte a noi, praticamente in piano, affiorano delle roccette: è la Cima dei 3 cannoni, distante circa 30 minuti dal rifugio. Decidiamo di farci una visita, ci leghiamo (è pur sempre un ghiacciaio crepacciato) e andiamo. Sul percorso Roby ci rinfresca le nozioni della salita con ramponi: corda a valle, piccozza a monte, e la tecnica per fermarsi con la piccozza in caso di scivolata. Ci raccomanda di alzare subito i piedi in modo che i ramponi non si frenino nel ghiaccio facendoci ribaltare con la testa a valle. La prontezza di riflessi è indispensabile. Facciamo le foto di rito al cannone della prima guerra mondiale, poi si torna.


11 agosto, lunedì - questa volta le previsioni hanno sbagliato a nostro favore: davano brutto fin dal mattino, in verità è una giornata splendida, senza una nuvola e senza vento, l'ideale per andare in cima. La notte è stata buona, siamo ormai tutti ambientatissimi, il dislivello in salita è poco (500 m), la durata del percorso è breve (2 ore). Ci hanno lasciato un thermos per la colazione, un te schifosissimo, 2 biscotti e un po' di pane-burro-marmellata: i rifugisti prima delle 7 non si vedono e noi partiamo esattamente alle 7. Davanti a noi ci sono solo una cordata da 4 e una da 3. Ci leghiamo, ci ramponiamo, Bep fa il passo, lento e costante, io in mezzo, Roby dietro, bastoncino in una mano, piccozza nell'altra.


La salita resta a lungo comoda, dolce, panoramicissima. C'è un tratto quasi pianeggiante prima della rampa finale, lì con una rimonta superiamo i 3 poco davanti a noi che sono leggermente più lenti. Entriamo nell'ombra della montagna e cominciamo la salita più ripida e stretta che con qualche zig-zag porta alla sella tra la cima Zufall e il Cevedale. Lì aspettiamo che i 4 davanti a noi tornino indietro poi affrontiamo la crestina, breve ma molto suggestiva, che porta alla vetta: qualche sasso libero dalla neve e, incredibile, nessuna croce. Sono esattamente le 9.

Siamo a 3769 m, la vista è indescrivibile e commovente, si riconoscono in lontananza le forme delle Dolomiti, perse nella bruma, si vede tutta la traversata che avremmo dovuto fare, dal Vioz a qui, si riconoscono il Brenta, la Presanella, l'Adamello, più lontano il gruppo del Bernina (eravamo lì sotto 10 giorni fa...), e poi il monte Pasquale subito sotto di noi, tutta la salita fatta dalla Casati, le due punte minori del Cevedale (Zufall e Cevedale II)... Facciamo un bel po' di foto, mangiamo un po' di pane-salame-formaggio-cioccolato, chiacchieriamo con i 3 che avevamo superato, giunti nel frattempo, guardiamo col binocolo, ma alla fine si deve scendere: sul ghiacciaio sotto di noi come tante formichine in fila stanno salendo parecchie cordate.

  Breve sosta alla Casati per rifare gli zaini e far asciugare la corda, poi discesa fino all'Albergo dei Forni, infinita... Si riprendono le macchine, purtroppo il tempo volge al brutto e questa volta sarà per più giorni, per cui si torna a casa. Ma prima del lungo viaggio ci concediamo un alberghetto perché dopo 2 notti in furgone e 2 in rifugio ben oltre i 3000 m quello che veramente sogniamo è una doccia calda.

 

le foto sono qui: http://www.bepvalestate2006.altervista.org/08-08-08-Vioz%20e%20Cevedale/index.html